Il Caveau Aureo è un’organizzazione che opera nell’ombra per raddrizzare torti senza crearne di nuovi.
I suoi agenti provengono dalle origini più disparate — ex criminali, mercanti, studiosi, spie, combattenti — accomunati da un principio inviolabile: portare a termine ogni incarico senza ricorrere alla violenza, se non come ultima risorsa.
Ogni colpo è pianificato per essere rapido, silenzioso e preciso, riducendo al minimo i rischi per innocenti e complici.
Chiunque la incontri per la prima volta nota subito due cose: la postura dritta e lo sguardo vigile. Meera Raheer è una donna che ha passato una vita a osservare e calcolare, senza sprecare un gesto o una parola. I suoi capelli corvini, striati d’argento, sono raccolti in modo ordinato; il suo abbigliamento, sempre sobrio ma di taglio impeccabile, rivela una preferenza per la praticità mascherata da eleganza.
Non è una combattente, ma la sua presenza impone rispetto. Sa muoversi nei corridoi del potere con la stessa facilità con cui naviga nelle ombre dei quartieri malfamati.
Per il Caveau Aureo, Meera è molto più di un semplice referente: è colei che seleziona e affida le missioni, coordina risorse e contatti, e si assicura che ogni incarico sia pianificato nei minimi dettagli. È anche il filtro tra la banda e l’organizzazione, l’unica persona con cui possono interagire direttamente.
La sua arma è l’informazione: dossier accurati, reti di contatti in più città, e un’abilità quasi innata nel leggere le persone. È lei a consegnare le chiavi d’oro e il carillon, spiegando le regole di un gioco in cui discrezione e tempismo sono vitali. Sa che ogni missione comporta rischi, e per questo non si limita a dare ordini: prepara i suoi agenti a prevedere gli imprevisti, ricordando loro che la prima vittoria è tornare vivi.
Non sono semplici strumenti: sono il simbolo di un patto tra il Caveau Aureo e i suoi agenti. Le chiavi d’oro sono sottili, leggere, prive di denti tradizionali, eppure impossibili da duplicare. La loro forma sembra più un gioiello artistico che un utensile, con intrecci sinuosi che catturano la luce come se l’oro fosse vivo. Al tatto, emanano un calore lieve, come se conservassero il ricordo delle mani che le hanno forgiate.
Ogni chiave è unica, incisa con motivi che nessun artigiano saprebbe riprodurre. Serve a un solo scopo: essere inserita nel carillon del Caveau. Una volta girata nella serratura, un bagliore dorato percorre le incisioni e un meccanismo invisibile si mette in moto. La voce dell’incarico riempie l’aria, chiara e inconfondibile.
E quando le ultime parole vengono pronunciate, la chiave si dissolve lentamente, come polvere di luce spazzata dal vento. Nessuna prova, nessun segno che possa tradire la missione.
Piccolo abbastanza da stare nel palmo di una mano, il carillon del Caveau è un capolavoro di eleganza e segretezza. Il legno scuro da cui è ricavato sembra assorbire la luce, mentre sottili intarsi dorati corrono lungo il coperchio formando motivi geometrici e floreali. La serratura è minuscola, visibile solo se la si osserva da vicino, e accetta esclusivamente le chiavi forgiate dal Caveau.
Quando una chiave viene inserita, il carillon emette un clic preciso, seguito da una breve melodia di apertura. Poi, la musica svanisce, e al suo posto prende vita la voce registrata dell’incarico: istruzioni dettagliate, nomi, luoghi, regole. All’interno, magia e ingranaggi lavorano insieme in un’armonia perfetta.
Alla fine del messaggio, la chiave svanisce e il carillon si richiude da solo, come se non fosse mai stato usato. Chiunque provi a forzarlo lo trova sigillato da incantesimi che ne proteggono i segreti… e che ne distruggono il contenuto al primo tentativo di violazione.
Come ricorda sempre Meera Raheer:
“Una chiave, un incarico, e poi il silenzio. Così il Caveau resta nell’ombra… e voi restate vivi.”