“Là dove l’ombra osserva, la vita vacilla.”
Le parole dello sceriffo Harburk accompagnano il gruppo verso la Roccia della Lancia, un affioramento di pietra che svetta solitario appena fuori da Red Larch. Qui, il mondo sembra malato: gli alberi si piegano come sotto un peso invisibile, la fauna giace morta o agonizzante, e un odore dolciastro di decomposizione aleggia nell’aria.
Tra rovi e rami contorti, gli avventurieri scovano un passaggio nascosto che sprofonda nelle viscere della roccia.
Dentro, la luce delle torce rivela pareti umide e ossa bianche come gesso, ammassate senza ordine. I corridoi sono disseminati di trappole elementali e infestati da non morti che attaccano a ondate, come guidati da una volontà unica e implacabile.
Alcuni cadaveri giacciono abbandonati, altri sono disposti come guardiani davanti a passaggi chiave, o lasciati come esche macabre per attirare i vivi. Ogni passo è un affondo nel regno della morte, e la sensazione di essere osservati cresce come un peso sul petto.
Infine, nelle profondità, si apre una vasta camera: al centro, un altare blasfemo eretto con arti recisi, cuciti insieme con spago e ferro, formando un’orrenda architettura di carne. Un’aura innaturale vibra nell’aria, come se il luogo stesso sussurrasse parole proibite.
È qui che il necromante attende, circondato da un manipolo di servitori cadaverici. Il combattimento è brutale: magie oscure lacerano la luce, e il terreno stesso sembra muoversi per ostacolare ogni passo. Le ferite si accumulano, ma la determinazione del gruppo non vacilla.
Con un ultimo colpo, il necromante crolla, e il silenzio torna a pesare sulla grotta. Sapendo che nulla di questo luogo deve sopravvivere, gli eroi appiccano il fuoco, osservando le fiamme divorare carne e pietra.
Feriti e stremati, tornano a Red Larch in cerca di cure. Ma, mentre si allontanano, una sensazione li segue: qualcosa è uscito con loro dalla caverna, qualcosa di silenzioso, invisibile… e profondamente sbagliato.