Nelle profondità di Sottomonte si estende un bosco primordiale, nutrito dalla magia del Mago Folle. Un cielo illusorio e un clima controllato mantengono in vita una foresta impossibile, un luogo in cui natura e incanto si fondono in un fragile equilibrio.
A vegliare su di essa vi è Wyllow, un’arcidruida elfa della luna, la cui saggezza millenaria si accompagna a un potere incommensurabile. Ma la foresta ospita anche altre presenze: un drago verde redento, comunità di pipistrelli mannari e oscure minacce pronte a colpire chiunque non rispetti l’ordine naturale.
Dopo aver lasciato il fetore decadente di Skullport, gli eroi si ritrovano su una chiatta magica sospinta lungo un fiume sotterraneo. L’acqua li guida fino a un’ansa ampia, dove si dischiude un paesaggio irreale: una foresta rigogliosa, illuminata da un cielo illusorio che simula l’alternarsi di giorno e notte.
Questo non è un luogo naturale. È un bosco plasmato dalla magia del Mago Folle, un frammento d’incanto incastonato nelle profondità della terra.
Gli alberi parlanti, antichi e solenni, li ammoniscono: “Chi danneggia questa foresta, si condanna alla sua ira”.
Ma nonostante gli avvertimenti, la curiosità ha il sopravvento.
Trovano un’antica tomba dimenticata e, ignorando gli sguardi dei custodi vegetali, vi penetrano. Un oggetto magico viene recuperato, ma con esso, una voce si insinua nelle menti degli eroi: “Uccidete Wyllow.”
Quel nome, ancora sconosciuto, comincia a pesare come un presagio.
Guidati dalle indicazioni degli alberi e dei sentieri naturali, gli avventurieri raggiungono una torre scintillante, costruita tra i rami intrecciati e circondata da un’aura di pace antica.
La torre di cristallo di Wyllow, arcidruida elfa della luna, si rivela nella sua sacralità. Al suo interno, su un trono di radici e vetro, siede la custode del bosco, affiancata dalla sua creatura prediletta: una belva distorcente, che ronfa con fare inquietante.
Wyllow si dimostra equilibrata e severa, potente ma misurata. Rivela che il bosco è minacciato da incursioni, da creature corrotte, e che da tempo è costretta a custodirlo da sola.
Gli eroi scoprono che con lei vive un drago verde, Tearulai, un tempo incarnazione della ferocia e ora creatura redenta. La spada magica che gli trapassa il cranio, artefatto senziente e guida morale, ne ha mutato l’anima.
Ma la fiducia è fragile. I sospetti crescono. Le parole sussurrate nelle menti risuonano ancora: “Uccidete Wyllow.”
Il gruppo abbandona la torre e prosegue l’esplorazione.
Attraverso tunnel naturali e caverne invase dal guano, scoprono una colonia sotterranea abitata da pipistrelli mannari goblin, creature degeneri in esilio.
Un emissario solitario, un goblin pipistrello, si presenta a loro: scacciato dal suo clan, li supplica di aiutarlo a riconquistare il villaggio.
Gniomio osserva le grotte col suo occhio arcano, e non rilevando pericoli evidenti, il gruppo approva l’idea: si preparano a colpire il cuore della colonia.
Scendono nella città scolpita nella roccia, dove ogni cunicolo è un rifugio, ogni ombra una minaccia.
Con uno scoppio improvviso di violenza, iniziano la carneficina: palle di fuoco, lame incantate, muri di fiamme. L’assalto è devastante.
Ma nel mezzo dello scontro, le fiamme avvolgono la foresta, e con esse, anche la regola inviolabile di Wyllow: “Nessun fuoco nella foresta.”
È il punto di non ritorno.
Un fruscio d’ali poderoso squarcia l’aria: Tearulai, il drago, scende tra le fronde. Accanto a lui, la belva distorcente e infine Wyllow stessa, il volto segnato dalla delusione e dalla furia.
Non vi è più spazio per parole.
La battaglia scoppia.
Il drago sprigiona soffi velenosi, fendenti e artigli come tronchi spezzano l’aria. La belva confonde i sensi, spostandosi tra gli spazi come un’ombra viva.
E infine Wyllow si trasforma: diviene una creatura della terra e della furia, un essere corazzato e inarrestabile, in grado di assorbire colpi e infliggere morte con ogni gesto.
Gli eroi rispondono con ogni potere: incantesimi finali, oggetti magici, perfino una collana di palle di fuoco.
Uno a uno, cadono. Lorelain colpita, Gniomio ustionato, Elibolg sull’orlo del baratro, Aralith abbattuta.
Solo il cuore saldo di Ordak regge, eppure la fine sembra vicina.
Ma Wyllow si arresta. Li guarda. E invece di distruggere… li risparmia.
Con un gesto della mano, cura le ferite di tutti.
Non per misericordia.
Perché così ha deciso.
Impone un pegno sacro: “Seppellite i morti, sistemate ciò che avete distrutto. Poi, andatevene.”
Nessuno osa opporsi.
Gli eroi, tremanti e spossati, obbediscono. Ordak si dedica con onore alla sepoltura dei caduti, Lorelain officia una messa funebre per i pipistrelli mannari, Elibolg dorme esausto, Gniomio studia gli oggetti magici raccolti.
Infine, un’ultima porta si apre nei sotterranei del covo del drago.
Una nuova via si spalanca… verso le profondità di Sottomonte.
La foresta incantata li lascia andare.
Hanno violato il suo ordine, sfidato la sua guardiana e sono sopravvissuti solo per volontà altrui.
Mentre varcano la soglia verso il prossimo livello, un pensiero li accompagna, inciso nel cuore del bosco: “la natura perdona, ma non dimentica.”