Circondati dagli ankheg, mostruosi predatori sotterranei, i nostri eroi non persero la calma. Bloccati sul tetto dell’edificio dell’accampamento, sfruttarono ogni abilità e risorsa a disposizione per mettere in atto una fuga rocambolesca. Con un’azione coordinata, riuscirono a raggiungere un rialzo roccioso, un terreno dove le creature non potevano scavare con facilità.
Ma gli ankheg non erano solo scavatunnel: in grado di muoversi agilmente anche sulla superficie, si lanciarono all’inseguimento. Seguì un ultimo e feroce scontro, nel quale Elfeder evocò la furia della natura per ostacolare le bestie, Tiamantha colpì con una pioggia di frecce mirate e Arcibaldo sfruttò la sua agilità per sferrare attacchi rapidi e letali.
Alla fine, gli ankheg caddero, lasciando la radura silenziosa e inquietante.
L’esplorazione successiva rivelò la fonte del male: un feticcio del culto di Talos, un oggetto rituale creato per attirare sciagure e morte. Distruggendo il feticcio, i nostri eroi neutralizzarono la maledizione, spezzando l’influenza oscura che gravava sulla zona.
Non si dimenticarono però di Tibor Wester, recuperandone i resti per portarli al fratellastro Harbin, affinché potesse ricevere una degna sepoltura.
Sulla via del ritorno, le ombre del cielo si allungarono sul sentiero: Criovenn, il giovane drago bianco, sorvolava la regione in cerca di prede. La creatura, convinta di trovarsi davanti a una facile caccia, si abbatté sul gruppo con la furia tipica della sua specie.
Ma i nostri eroi non erano vittime senza speranza. Con una combinazione di astuzia, colpi precisi e poteri druidici, riuscirono a respingere l’assalto del drago, costringendolo a ritirarsi con un ruggito furioso, lasciando dietro di sé solo gelo e rabbia.
Il viaggio proseguì senza ulteriori incidenti, e a Phandalin la salma di Tibor venne consegnata a Harbin Wester. Il borgomastro, scosso, garantì una sepoltura degna per suo fratello, mentre gli eroi si concedevano finalmente un meritato riposo.
Il giorno seguente, una nuova missione li attendeva: il Ranch di Teschioburro era stato attaccato dagli orchi. Il proprietario, Alfonse “Al il Grosso” Kalazorn, un ex sceriffo in pensione, poteva essere in pericolo.
Seguendo il sentiero Triverro verso Baccalauro, il gruppo attraversò paesaggi funestati dal silenzio e dalla devastazione: case bruciate, villaggi svuotati, testimonianze della ferocia delle razzie orchesche. Giunti al ranch, trovarono l’area occupata da una banda di orchi che festeggiava rumorosamente, mentre di Alfonse non c’era traccia.
Gli eroi misero a punto un piano astuto, sfruttando anche i prodigi meccanici ricevuti a Gnomenterra, riuscendo a individuare e liberare Alfonse e a neutralizzare gli orchi senza perdite. Tra i prigionieri c’era anche Petunia, salvata e ricondotta alla sua famiglia.
In segno di riconoscenza, Alfonse “il Grosso” Kalazorn donò al gruppo un cimelio del suo passato da sceriffo. Con il ranch liberato e gli orchi in fuga, il gruppo si preparò al ritorno verso Phandalin, consapevole che le minacce nella regione erano ben lontane dall’essere estinte.