Dopo la drammatica giornata agli scavi nanici, il gruppo si concesse una mattinata di ordinaria amministrazione: rifornimenti, brevi riposi e qualche parola con la gente del posto. Fu così che incontrarono Harbin Wester, tesoriere e borgomastro vicario di Phandalin, un uomo pratico, più incline alla sicurezza delle casse cittadine che all’eroismo.
Tra le nuove missioni disponibili, una attirò subito la loro attenzione: convincere Adabra Gwynn, la levatrice e accolita di Chauntea, a lasciare la sua dimora isolata, un mulino a vento in pietra sulle pendici della Collina dell’Onta. Con il drago bianco nei cieli, la sua solitudine poteva trasformarsi rapidamente in una condanna.
La Collina dell’Onta porta ancora le cicatrici di un antico conflitto tra due clan rivali di nani, una battaglia nata da un torto ormai dimenticato. I tumuli dei caduti ne sono l’unico ricordo, e il vento che sferza la collina sembra portare con sé l’eco di lamenti perduti nel tempo.
Fu proprio su quella cima che gli avventurieri si trovarono di fronte a un mostro alato, una creatura dalla coda letale che stava tentando di sfondare la porta del mulino di Adabra.
Elfeder, la druida elfa, evocò la forza della natura per ostacolarne l’avanzata, mentre Tiamantha, la ranger gnoma, scoccava frecce precise e letali. Arcibaldo, il ladro halfling, approfittò dell’elemento sorpresa per colpire nei punti più vulnerabili. Con una combinazione di astuzia, incantesimi e rapidità, la minaccia fu abbattuta prima che potesse causare danni irreparabili.
Dalla finestra del secondo piano, Adabra Gwynn — una donna di mezza età dallo sguardo deciso — esprimeva gratitudine, ma il suo orgoglio era pari alla sua temerarietà: non aveva alcuna intenzione di abbandonare il mulino. Una discussione accesa, fatta di persuasione, logica e qualche parola dura, fu necessaria per piegare la sua resistenza. Alla fine, la levatrice accettò di seguire il gruppo verso Phandalin, seppur a malincuore.
Con Adabra al sicuro e la ricompensa riscossa, gli eroi tornarono alla bacheca delle missioni, pronti per un nuovo incarico.
La successiva missione li condusse verso Gnomenterra, una rete di caverne a sud-est abitata da un clan di gnomi delle rocce, noti per le loro invenzioni magiche e ingegnose. Con il drago bianco come minaccia costante, ogni alleato — o artefatto — poteva fare la differenza.
Seguendo un ruscello fino a un bacino alimentato da una cascata, il gruppo raggiunse le gallerie di Gnomenterra. Dopo aver incontrato alcuni gnomi, furono condotti davanti ai due sovrani locali: Korboz e Gnerkli. O meglio, a quello che restava della loro armonia: Korboz, gravemente ferito e reso paranoico da un attacco di un mutaforma, aveva imprigionato Gnerkli e si era barricato nella Camera dei Re.
Qui la diplomazia degli avventurieri brillò più delle armi. Con parole misurate e una promessa solenne di dare la caccia alla creatura mutaforma, riuscirono a placare la follia di Korboz e a liberare Gnerkli.
Le tensioni si allentarono, ma una nuova sfida incombeva: trovare e neutralizzare il mutaforma prima che potesse fare altri danni a Gnomenterra.