Incassato nelle gole scoscese delle Colline Sumber, il Monastero della Pietra Sacra non si erge verso il cielo, ma sembra sprofondare nelle viscere della terra. L’architettura è severa e massiccia: muri in pietra grezza privi di ornamenti, finestre ridotte a fessure, un portone ad arco che si apre solo a chi è atteso. Dove la Guglia di Feathergale brillava bianca come un faro, il monastero si presenta come un blocco scuro e silenzioso, un tutt’uno con la roccia che lo ospita.
Dietro il portone si cela un cortile centrale spoglio, circondato da celle monastiche, sale di preghiera e aree di addestramento. Qui la vita è ridotta all’essenziale: cibo semplice, esercizi marziali, lunghe ore di meditazione. I monaci si muovono con gesti lenti ma carichi di potenza, come frane controllate, incarnando la filosofia della terra: stabilità, resistenza, inevitabilità.
I residenti si presentano come un ordine ascetico, dedito al culto della forza interiore e della disciplina. Ma osservando oltre le apparenze, la loro spiritualità rivela un cuore oscuro: venerano la terra non come madre generosa, bensì come forza implacabile destinata a reclamare tutto ciò che gli uomini costruiscono. Nelle loro preghiere non vi è promessa di salvezza, ma la certezza che città, regni e imperi cadranno un giorno in rovina, inghiottiti dal suolo.
Il monastero non è un semplice rifugio di asceti, bensì il volto austero del Culto della Terra Nera. Ogni corridoio e ogni sala risuonano di questa filosofia: il silenzio non è pace, ma attesa; l’addestramento non è disciplina, ma preparazione alla conquista.
Quando gli avventurieri giungono al monastero, non lo fanno come viandanti – i guardiani li respingerebbero con diffidenza e sospetto – ma come emissari dei Latori di Sventura, sfruttando un inganno elaborato. Presentano la caduta di un sacerdote della Terra come verità parziale, nascondendo il resto dietro parole ferme e convincenti.
Le porte si aprono, e il gruppo viene introdotto nelle sale sobrie e silenziose del monastero. Attorno a loro, i monaci li osservano senza una parola, con occhi che sembrano misurare la solidità della loro menzogna.
Al termine del percorso, vengono condotti davanti a Qarbo, alto sacerdote del culto. Figura asciutta, lineamenti duri come scalpello, Qarbo trasmette insieme autorità e disprezzo. Li scruta a lungo, deridendo la loro presunta debolezza. Poi pronuncia la sentenza: non sarà lui a decidere, ma la badessa del monastero, che all’alba avrebbe pronunciato il verdetto.
Un cenno della mano, e le guardie li trascinano via, chiudendo le porte delle celle con un tonfo che riecheggia come un presagio.
La notte non li trova passivi. Con passi cauti, sfruttando la penombra e corridoi dimenticati, gli eroi esplorano il monastero. Ogni sala è un enigma scolpito nella pietra: il cortile di addestramento, dove i novizi si esercitano con gesti che imitano le frane; le celle monastiche, spoglie come grotte; lo scriptorium, polveroso e impregnato dell’odore di pergamene antiche.
Ed è proprio lì, tra rotoli consumati e inchiostro sbiadito, che trovano il documento più inquietante: il testamento di Marlos Urnrayle, profeta della Terra Nera. Le sue parole parlano dell’arrivo di una forza primordiale, la Grande Montagna Eterna, destinata a rimodellare il mondo e a soffocare la civiltà sotto macerie e detriti. Non è un testo di meditazione, ma una dichiarazione di guerra cosmica.
Con la rivelazione tra le mani, i personaggi scelgono di non attendere l’alba. Prima che la badessa possa giudicarli, abbandonano il monastero e si rifugiano tra le gole. Ma la terra non è l’unico elemento che li insidia: durante il cammino verso Red Larch, il cielo si squarcia con un boato.
Dalle nubi discendono i Cavalieri dell’Aria, armati e splendenti sulle loro cavalcature piumate. Non portano avvertimenti: solo vento, acciaio e morte calati dall’alto. Gli aarakocra, antichi nemici dei culti, si precipitano in difesa, e lo scontro si accende tra le correnti.
La battaglia è feroce, ogni colpo rischia di essere l’ultimo, ogni passo sfiora il baratro. Ma gli eroi sopravvivono, spezzando ancora una volta l’assedio dei culti elementali.
Finalmente, le Colline Sumber lasciano intravedere la sagoma familiare di Red Larch. Il borgo, piccolo e silenzioso, sembra ignaro della guerra che infuria nei suoi dintorni. Nessuno rallenta il passo: appena a terra, gli eroi si dividono per trasmettere messaggi, contattare le fazioni, controllare che nessun inseguitore sia sulle loro tracce.
Quando si ritrovano, il silenzio dura solo un istante. Uno sguardo deciso, un cenno d’intesa. Ora conoscono il nome del nemico e i suoi piani. La loro lotta non è più solo sopravvivenza: è resistenza. E la pietra stessa dovrà tremare, prima che i profeti della Terra possano compiere il loro destino.
Organizzazione segreta dedita al culto dell’elemento terra, attiva principalmente nelle Colline Sumber e in altre aree isolate. I membri, spesso chiamati Adepti della Pietra o Profeti della Terra, venerano la stabilità, la forza e l’immutabilità proprie della roccia e delle montagne. L’iconografia del culto include simboli di pietre grezze, fratture e forme geometriche solide. Le loro pratiche comprendono meditazione, addestramento marziale e rituali in caverne o strutture sotterranee. Il culto è organizzato gerarchicamente, con guide spirituali e capi militari, e mantiene luoghi di culto difficilmente accessibili, spesso scavati nella roccia o celati in canyon remoti. L’accesso è riservato a iniziati o a reclute accuratamente selezionate.