Dopo mesi di silenzio, Vajra Safahr richiama i pochi agenti rimasti della Forza Grigia.
Le famiglie nobili di Waterdeep, guidate dai Delphi, hanno quasi ottenuto lo scioglimento dell’organizzazione dopo gli incidenti e lo scandalo Verity Kye.
Molti si sono congedati, altri sono scomparsi. Solo pochi veterani rispondono alla chiamata.
Questa volta la missione non riguarda la città: il comando arriva da più in alto, e il campo d’azione si estende oltre i confini dei piani.
Un incarico che potrebbe segnare la fine della Forza Grigia… o l’inizio di qualcosa di molto più grande.
Agli agenti viene consegnato un fascicolo sigillato: un prigioniero, noto come lo Straniero, viaggia sul Concordant Express, treno planare diretto a Mechanus.
Si dice che custodisca i veri nomi di tre entità infernali e demoniache — Karnyros, Errtok e Hexalanthe — informazioni che non devono cadere in mani sbagliate.
L’obiettivo è salire a bordo, rintracciare il prigioniero e recuperare i nomi prima che il convoglio raggiunga la sua ultima destinazione.
La sera stessa, i sei agenti si preparano: equipaggiamento in ordine, profili coperti, nervi saldi.
All’alba, Glitch, un emissario planare dal volto mutevole e dagli occhi di ottone, li conduce oltre il Piano Materiale.
Davanti a loro, tra fumi e luce meccanica, appare il Concordant Express: un treno che posa i binari davanti a sé e li ritira alle spalle, mosso da ingranaggi e volontà propria.
Con un fischio che attraversa i piani, il convoglio parte, portando con sé il silenzio di Glitch e la promessa di un viaggio senza ritorno.
Il treno attraversa paesaggi impossibili: geometrie sospese, fiumi di luce, ombre che scorrono all’indietro.
Ogni vagone è diverso, e i progetti forniti nel dossier non coincidono con la realtà.
Muovendosi di compartimento in compartimento, gli agenti cercano il vagone prigione dove si trova lo Straniero.
La sorveglianza è discreta ma costante: modron in pattuglia, passeggeri diffidenti, silenzi tesi.
Finché un urlo rompe la quiete.
Un uomo è stato ucciso nel vagone passeggeri.
Sul pavimento giace Quintus Malvesh, cartografo aasimar. Le sue mappe bruciate e l’inchiostro colato raccontano una morte improvvisa.
L’investigatore Ignatius Macula, un mind flayer dagli occhi dorati, prende in mano il caso e invita gli agenti della Forza Grigia a collaborare.
Tre passeggeri destano sospetto:
Abernathy Vernus, cambion affabile ma ambiguo, accompagnato dal suo servitore monodrone Battista.
Ethlynn Stalaczic, maga drow studiosa di draghi del tempo, ingenua ma coinvolta suo malgrado.
Meldar, azer taciturno, fabbro reduce da Bytopia, sempre scortato dal costrutto Globus.
Le indagini si susseguono tra bugie e incanti, fino a quando la verità emerge: Vern ha riprogrammato il suo servitore per uccidere Quintus, un rivale negli affari di falsificazione di mappe e bussole magiche.
Eppure, un dubbio rimane.
Perché Meldar ha distrutto il suo servitore?
Quando gli agenti tentano di riattivarlo, Globus emette solo poche parole, registrate tra le sue memorie bruciate:
“Affare illegale… collegato a qualcosa chiamato S.T.E.A.L.”
Poco dopo, Meldar è scomparso.
Nessuno lo ha visto nè sentito uscire dal vagone.
Superato il compartimento dell’assassinio, i personaggi si ritrovano in un vagone-santuario dedicato a Lathander, immerso in una luce calda e irreale. Le vetrate dorate riflettono l’alba eterna, e il suono di un organo lontano sembra provenire da un punto indefinito del treno.
Al centro, un sacerdote dal volto sereno si volta verso di loro:
“Benvenuti, figli del mattino. Io sono fratello Razuvius, e siete giunti in tempo per i rituali dell’alba.”
L’atmosfera, all’inizio placida, presto si incrina. Dopo il primo rito, il tempo sembra ripiegarsi su sé stesso: le parole del sacerdote si ripetono identiche, la luce del sole si ferma a mezz’aria, le gocce d’acqua consacrata risalgono nei calici.
Ogni tentativo di reagire — attaccare, fuggire, distruggere qualcosa — si dissolve in un istante, riportandoli all’ingresso del vagone. Anche le ferite svaniscono, ma la fatica rimane, accumulata come un ricordo inciso nella carne.
Più i cicli si susseguono, più i dettagli cambiano: il sorriso di Razuvius si deforma, la sua voce si fa metallica, e fuori dalle vetrate si intravedono ombre che si muovono al contrario, come se il mondo stesso stesse recitando una liturgia impazzita.
Solo quando i personaggi mettono in dubbio la verità del rito, rinnegando il falso dio e infrangendo l’illusione con la forza della volontà, il tempo cede: le vetrate esplodono in una pioggia di luce e il vagone si piega su sé stesso, rivelando la vera natura di ciò che vi si nasconde.
Dove prima si trovava il sacerdote ora sorge una creatura mostruosa: uno Slaad della Morte, la pelle grigia incrostata di simboli runici, le orbite vuote colme di un bagliore cremisi. L’aria si riempie dell’odore ferroso del sangue e del caos puro.
Il combattimento è feroce ma breve: la creatura dilania, ringhia, lacera il tessuto stesso del vagone con artigli che lasciano scie di energia nera, ma gli agenti della Forza Grigia rispondono con precisione e determinazione.
Quando lo Slaad crolla, il suo corpo si dissolve in fumo e cenere. Il silenzio torna, spezzato solo da una voce profonda e disincarnata, che vibra come un presagio tra le pareti ormai spoglie:
"Oggi ve la siete cavata. La prossima volta non sarete così fortunati! Vajra non potrà proteggervi dalla nostra ira"
Un’eco sinistra che accompagna il gruppo mentre, ancora scossi, si avviano verso il vagone delle celle, dove chissà cosa li attende.
Nel vagone prigione, un angelo guardiano impone il suo giudizio agli intrusi.
Gli agenti tentano di ingannarlo, fingendosi emissari con un falso ordine di consegna del prigioniero.
Un errore di parola li tradisce: l’angelo li scruta, sonda le loro anime e, quando la menzogna cade, scaglia la sua mazza di luce.
La battaglia è furiosa.
La corazza celestiale resiste ai primi colpi, ma la disciplina della squadra prevale: uno dopo l’altro, gli assalti incrinano l’aura del custode.
Con un ultimo bagliore sacro, l’angelo si dissolve pronunciando un monito profetico inciso a fuoco sulle pareti:
Manca meno di un’ora all’arrivo a Mechanus.
Raccolta la chiave delle celle, gli agenti aprono quella dello Straniero, scambiando la libertà con le informazioni promesse.
L’uomo mantiene la parola: rivela i tre nomi e, prima che le guardie modron arrivino, si getta giù dal treno, scomparendo nel nulla.
Sapendo che non potrebbero spiegare l’evasione del prigioniero né la scomparsa del suo guardiano, il gruppo si lancia a sua volta dal convoglio in corsa.
Gli agenti atterrano tra scogliere immense e cieli spezzati, in un mondo di battaglie eterne e paesaggi che si ricompongono da soli.
Le pianure ardono di luce, le montagne cantano con il fragore delle spade, e il vento profuma di ferro e gloria.
Non hanno modo di tornare indietro, né di contattare Vajra.
Mentre si riposano e cercano di riprendere le forze, discutono di come ritrovare la via di casa.
Quando ogni speranza sembra perduta, il warlock del gruppo si rivolge al proprio patrono: la Signora Fatata ascolta la sua supplica — cordiale e deferente — e acconsente ad esaudire il desiderio, ma a una condizione.
“Quando giungerà il mio richiamo, risponderete senza esitazione.”
In un istante, il paesaggio di Ysgard svanisce.
Gli agenti si ritrovano nuovamente a Waterdeep, nella Torre del Bastone Nero.
Vajra li attende in silenzio e prende in consegna il pennino d’ottone, sigillo della missione compiuta.