Dopo la missione a Tletepec, i personaggi trascorrono qualche giorno nella Cittadella Radiosa. Le ricerche sulla scomparsa dell’elfa astrale Enastra Remista li conducono tra le botteghe della città, fino al Quieto Spirito, dove tramite baratto ottengono una libellula in mosaico e una misteriosa fiaschetta sigillata.
Quando tutto sembra calmarsi, Sholeh li convoca.
«Abbiamo bisogno di acque sacre provenienti dai fiumi di Shankhabhumi. Ma la regione è in subbuglio. Andate e scoprite cosa sta disturbando le sue correnti.»
La Gemma della Pietra di Luna li trasporta a Sagorpur, la prima delle città-stato di quella terra fluviale.
Sagorpur è piena di vita: stanno per concludersi le Prove della shankha, un torneo di arte e atletismo che onora i riverin, gli spiriti dei fiumi.
Gli occhi di tutti sono su Amanisha Manivarshi, la favorita per la vittoria.
La sua danza finale, dedicata alla città perduta di Manivarsha, è talmente intensa da lasciare il pubblico senza fiato. Proprio mentre le viene consegnato il trofeo sacro — la Shankha del riverin — il fiume Iravati esplode in un’ondata devastante che travolge il palco, inghiotte Amanisha e scompare con lei nelle acque.
La città è nel caos. Serve aiuto immediato.
L’Alto Cantafiume Plabon implora i personaggi di ritrovare Amanisha.
Serve un barcaiolo esperto, e l’unico disposto a rischiare è Dukha Bhatiyali, un majhi dall’aria guardinga che accetta di guidarli lungo i fiumi della palude.
Dukha racconta di strane correnti verdi che ha visto nei giorni precedenti, tutte dirette verso un affluente minore: il Tinjhorna, un giovane fiume che sta vivendo agitazioni misteriose.
Risalendo il Tinjhorna, i PG incontrano il suo riverin, un ragazzo d’acqua fragile e preoccupato. Le sue acque sono state disturbate da una magia antica proveniente più a sud, verso i territori che un tempo appartenevano a Manivarsha.
Non può andare con loro: la palude ha bisogno della sua attenzione.
Ma li invita a seguire quella scia.
Oltre il Tinjhorna, il paesaggio cambia.
Gli alberi angul, con le loro foglie pesanti e la linfa cremisi, pendono come mani pronte a trattenere chi passa. La nebbia scende più fitta; le radici spuntano come membra contorte.
Qui la palude mostra la sua ostilità: barche abbandonate, creature deformate dalla melma, bagliori ingannevoli che cercano di attirare i PG lontano dalla barca di Dukha.
Dopo ore di navigazione silenziosa, oltre una cortina di vapori, emerge una piccola isola circondata da acque profonde.
Dalla nebbia emerge Jijibisha, un’immonda nata da una campionessa corrotta di Manivarsha, sopravvissuta per secoli nel cuore della palude.
Ha usato il potere di un riverin prigioniero per scatenare l’inondazione che ha investito Sagorpur.
Un tempo era una leggenda. Ora è solo rancore.
Lo scontro è inevitabile.
Tra fiamme, melma e urla soffocate, la battaglia scuote tutta l’isola.
Quando finalmente Jijibisha cade, i cerchi di fuoco si dissolvono.
E dal ceppo, arriva una voce.
Il grande riverin Adirohit, spirito della città perduta, è stato imprigionato in quel ceppo per secoli.
Chiede ai personaggi di liberarlo tramite il potere della Shankha del riverin.
Parlando con lui, i personaggi scoprono la verità: Adirohit fu responsabile della catastrofe che distrusse Manivarsha, accecato dall’ira per il patto blasfemo che Jijibisha aveva stretto per vincere le Prove.
Il disastro lo ha consumato, e lei ha trascinato la sua colpa fino a oggi.
I PG devono decidere se liberarlo o lasciarlo imprigionato.
Qualunque scelta prenda il gruppo, Amanisha resterà profondamente segnata.
Se viene liberato, Adirohit offre ai personaggi donativi nati dalla sua magia: cristalli, reliquie d’acqua, frammenti di ciò che resta della città perduta.
Poi si dissolve nel fiume, pronto — forse — a ricostruire ciò che è stato distrutto.
Il viaggio verso Sagorpur è più quieto.
Il Tinjhorna ringrazia i PG per aver riportato equilibrio alle sue acque.
Arrivati in città, vengono accolti come eroi.
La Shankha del riverin torna nelle mani legittime, Amanisha è salva, e Plabon mantiene tutte le promesse fatte.
Solo il tempo dirà se le acque di Shankhabhumi guariranno o conserveranno per sempre le cicatrici della città perduta.
Shankhabhumi è una vasta pianura alluvionale, modellata da centinaia di fiumi e ricoperta da foreste palustri. Tre grandi città-stato – Ashwadhatu, Sagorpur e Tippurika – sorgono su isole di terra stabile create dai riverin stessi, spiriti fluviali capricciosi che governano le acque e concedono alla popolazione lembi di terra in cambio di omaggio e rispetto.
Cultura e società
La vita ruota attorno ai fiumi e ai loro spiriti. Ogni città è costruita in cerchi concentrici attorno al tempio del proprio riverin, con i quartieri più ricchi vicino al santuario e quelli più poveri che degradano verso le risaie sommerse e le paludi. Gli abitanti – umani, halfling, elfi e nani – condividono una tradizione vivace di racconti, musica e spettacoli legati alle acque. Molti discendenti di Manivarsha portano ancora il cognome Manivarshi, a testimonianza di una città che vive più nella memoria che sulla mappa.
Economia
Il commercio fluviale e marittimo è il cuore dell’economia: barche, cantieri, mercati di pesce, spezie e tè di montagna animano i porti. Ashwadhatu è famosa per fabbri e costruttori di barche; Sagorpur per i suoi mercati brulicanti e il traffico lungo la baia di Dishahara; Tippurika per le coltivazioni collinari, il tè e il legname.
Riverin e spiriti
I riverin – Iravati, Mehul, Joltara e l’antico Adirohit – sono spiriti potenti che possono innalzare città o sommergerle, concedere grazia o punire duramente. Attorno a loro si muove una moltitudine di creature palustri, spiriti minori, non morti legati alle antiche catastrofi e fenomeni magici nati dall’intreccio fra acqua, fede e patti pericolosi.
Le Prove della shankha
Ogni dodici anni, una delle tre città ospita le Prove della shankha: dodici giorni di prove di arte e atletismo – dalla danza al nuoto, dalla costruzione di barche all’immersione per recuperare conchiglie – che intrattengono migliaia di spettatori. Il trofeo, la Shankha del riverin, passa di città in città e rappresenta non solo la vittoria di un campione, ma il rinnovo del patto fra il popolo e i riverin che hanno dato loro una casa.
Identità
Shankhabhumi è una terra sospesa tra sicurezza e instabilità: le città sono solide, ma circondate da paludi mutevoli e cieli eternamente carichi di nubi. Qui ogni storia è legata all’acqua: alle inondazioni passate, alle città sommerse, ai fiumi che possono cambiare corso da un secolo all’altro. Manivarsha, la città affondata, è il monito costante che ricorda a tutti quanto sia sottile il confine fra prosperità e cataclisma.