Dopo gli eventi a Divinafflato, la Gemma dell’Opale di Fuoco si attiva con insistenza insolita. Sholeh informa il gruppo di un morbo in rapida diffusione nelle terre di San Citlán: il sereno. Gli Araldi sospettano un’origine sovrannaturale. La destinazione è fissata.
Il viaggio porta i personaggi in un altopiano arido, segnato dal vento e da comunità stremate. È chiaro fin dall’inizio che qui il male ha messo radici profonde.
Il villaggio di Milpazul vive in un clima di sospetto. La popolazione soffre per il sereno, e l’arrivo dei personaggi coincide con un’improvvisa tensione: cacciatori di taglie sono sulle tracce di Paloma, una fuorilegge considerata responsabile di vari disordini nella regione.
L’incontro con Paloma ribalta le aspettative. La donna non è una criminale: è una sopravvissuta. Racconta di aver affrontato un immondo mutaforma insieme a un piccolo gruppo di esploratori. Solo lei è tornata. L’origine del sereno, afferma, si trova nelle vicinanze della cittadina abbandonata di Vacua, dove un gufo mostruoso è stato avvistato più volte.
Le sue informazioni sono frammentarie, ma sufficienti per tracciare una direzione precisa.
Il viaggio si svolge in un paesaggio essenziale: colline secche, agavi, pietre spaccate dal sole. In più occasioni, una sagoma alata sorvola il gruppo per poi svanire dietro le creste. Non attacca, ma osserva.
È un presagio di ciò che verrà.
Quando Vacua appare all’orizzonte, è chiaro che qualcuno ha già occupato il luogo. Edifici in rovina, pattuglie armate, e una carrozza eccessivamente elegante rispetto alla povertà circostante.
L’uomo che controlla la cittadina è Itzmin del Prado, tiefling e politico di San Citlán. La sua presenza a Vacua è mascherata da motivazioni sanitarie: sostiene che l’epidemia debba essere contenuta e che l’accesso alla miniera sia pericoloso.
La realtà è opposta.
Itzmin serve Pazuzu e sta cercando di eliminare ogni traccia che colleghi la regione alle attività del culto. L’ingresso dei personaggi nella miniera porta il tiefling ad attuare il suo piano: far esplodere l’accesso e intrappolarli all’interno.
La via del ritorno viene meno in un istante.
Le gallerie della miniera sono pericolanti e percorse da un vento costante che distorce i suoni. Tracce recenti indicano il passaggio della creatura: piume, graffi, movimenti troppo ampi per un essere umano.
Navigare il sottosuolo richiede cautela. I personaggi individuano un passaggio secondario: un tunnel abbandonato che conduce a un antico cenote nel quartiere di Los Gavilanes, a San Citlán. È un’uscita inattesa, ma permette loro di sfuggire alla trappola di Itzmin.
La città che li accoglie è in festa per la Notte dei Ricordati. Ma la celebrazione nasconde inquietudine.
Nei bassifondi del quartiere i personaggi incontrano Doña Rosa. La donna parla di suo figlio Serapio con preoccupazione crescente: il giovane è cambiato, ha iniziato a sparire per ore, e un gufo maculato veglia costantemente nei pressi della loro casa.
La connessione diventa evidente.
Serapio non è vittima del sereno: ne è la fonte.
Corrotto dalla volontà di Pazuzu, è diventato il tlacatecolo responsabile della maledizione.
Itzmin, consapevole della trasformazione, tenta di catturarlo o costringerlo. L’inseguimento che segue conduce i personaggi all’acciaieria che porta il nome del tiefling.
L’acciaieria è un ambiente ostile: catene sospese, piattaforme instabili, il bagliore costante delle vasche di metallo fuso. Qui Serapio perde ogni controllo e il tlacatecolo emerge nella sua forma completa.
Lo scontro è violento e rapido. La creatura sovrasta il gruppo, mettendo quasi tutti fuori combattimento. L’ambiente amplifica il pericolo: un passo falso può essere fatale.
Daykul, unico ancora in piedi, comprende che non esiste margine per una vittoria ordinaria. Affronta il mostro direttamente, lo immobilizza con una presa improvvisa e lo trascina verso la vasca di fusione principale.
Il salto è immediato.
Le fiamme avvolgono entrambi.
Il tlacatecolo muore.
Con lui, il sereno perde la sua fonte e si dissolve gradualmente dalla popolazione.
Daykul non ritorna.
San Citlán è una terra di contrasti. Le sue valli aride sono intervallate da quartieri densi di vita, soprattutto durante la Notte dei Ricordati, quando tradizione e memoria trasformano la città in un mosaico di colori. La regione vive di miti familiari, superstizioni e un legame profondo con i defunti, percepiti come parte attiva della comunità.
Cultura e Società
La popolazione conserva un rapporto diretto con il proprio passato. Altari, candele, maschere e processioni strutturano il ritmo sociale. Il potere è detenuto dal Trecena, il consiglio cittadino, i cui membri mescolano competenze politiche e influenza spirituale. La vita quotidiana oscilla tra devozione, pragmatismo e timori ancestrali legati al sottosuolo minerario.
Economia
San Citlán deve molto alle sue antiche miniere, ormai esaurite. Molti centri abitati hanno riconvertito la propria attività, altri sono diventati città fantasma come Vacua. Le comunità rurali vivono di agricoltura arida, produzione di agave e piccoli commerci legati alle feste e ai mercati locali. La scarsità delle risorse rende la regione vulnerabile alle crisi e al dissesto sociale.
Creature e Spirito del Luogo
Il folklore locale è ricco di figure simboliche: La Catrina, Don Roque, gli spiriti dei defunti e entità legate alla memoria. Le terre di confine attirano facilmente creature innaturali, e le miniere abbandonate sono considerate punti di contatto con forze ostili. Il recente caso del tlacatecolo ha rafforzato la percezione che il soprannaturale possa emergere in forma concreta e pericolosa.
Relazione con la Cittadella Radiosa
La Gemma dell’Opale di Fuoco collega San Citlán alla Cittadella, consentendo interventi rapidi in caso di crisi. Gli Araldi considerano la regione delicata: la permeabilità tra vita e morte, unita alla fragilità sociale ed economica, la rende terreno fertile per influenze demoniache e maledizioni. La collaborazione resta prudente ma costante.