Dopo l’eccesso luminoso di Zinda, il ritorno alla Cittadella Radiosa ha un sapore diverso. Dove prima c’erano musica, colori e intrighi mondani, ora rimane una stanchezza sottile, come se ogni missione consumasse qualcosa che non si rigenera mai del tutto.
Sholeh convoca i personaggi in una sala tranquilla, dove le pareti di cristallo rifrangono una luce più fredda del solito.
«A Yeonido qualcosa si è incrinato» spiega. «Uno spirito ha ripreso forma. La nebbia che suscita non uccide soltanto: cancella. Ricordi, legami, colpe.»
Per questa missione, ai personaggi viene affidata Anthea, una giovane elfa apprendista maga. L’entusiasmo le brilla negli occhi, quasi stonando con il tono grave di Sholeh.
«È un onore accompagnarvi» dice. «Voglio imparare da voi.»
La Gemma della Concordia si accende in un bagliore lattiginoso. Quando la luce svanisce, il gruppo è a pochi chilometri dalla Città del Giudizio.
Yeonido li accoglie con mura eleganti, tetti laccati, strade ordinate dove ogni gesto è misurato. A prima vista tutto è perfetto. Guardando meglio, qualcosa non torna.
Una foschia sottile aleggia sui viali, e molte persone camminano come in automatico: salutano, comprano, lavorano… ma nei loro sguardi manca qualcosa, come se un intero capitolo della loro vita fosse stato strappato via.
È Kun Ahn-Jun, magistrato dalla presenza discreta e dal senso del dovere incrollabile, a intercettarli per primo.
È l’unico in tutta la città a ricordare con chiarezza ciò che sta accadendo, protetto da un anello di scudo mentale che preserva i suoi ricordi dalla maledizione dello spirito.
«La nebbia cade, la gente muore, e poi… dimentica» dice, quasi con vergogna. «Io solo ricordo. Ma nessuno mi crede.»
Ahn-Jun chiede aiuto ai personaggi per capire quale magia stia divorando Yeonido e li indirizza verso tre punti chiave:
il cantiere nel quartiere della Tigre, il Parco dei Saggi e il negozio di tè nel quartiere della Fenice.
Anthea lo ascolta rapita.
«Se gli spiriti stanno soffrendo, possiamo fare qualcosa. Lo abbiamo già fatto altrove, no?»
Gli avventurieri iniziano a esplorare Yeonido seguendo le indicazioni di Ahn-Jun.
Nel quartiere della Tigre, tra impalcature, tronchi abbattuti e operai che lavorano a testa bassa, scoprono che incidenti inspiegabili e presenze nella nebbia hanno più volte fermato i lavori.
Un piccolo santuario nascosto fra gli alberi, dedicato a una magistrata dimenticata, rivela il primo frammento di verità: lì trovano una lanterna dal lume magico, legata al nome di Dae Won-Ha. Pronunciando il suo nome, la fiamma guizza, come se riconoscesse qualcuno dopo anni di silenzio.
Nel quartiere della Fenice, il più antico della città, raggiungono il negozio semplicemente chiamato “negozio di tè”, un luogo pieno di tazze appese alle pareti, ognuna con un nome inciso. Il proprietario, Bi Chin-Hae, parla volentieri di tè e di clienti illustri, ma la sua voce si fa tesa quando emergono accenni alla nebbia e ai recenti incidenti.
Fra le centinaia di tazze, i personaggi trovano quella di Dae Won-Ha: una tazza da tè con il suo nome, che reagisce all’amuleto ancora nelle mani di un certo nobile in pensione.
Seguendo il filo dei ricordi spezzati, gli avventurieri raggiungono i giardini di Yung-Gi, fratello dell’ex regina Yung-Soo e zio dell’attuale regina Jin-Mi. Qui il vecchio dragonide, logorato dal rimorso, confessa di aver manipolato il merito delle imprese di Won-Ha per farle attribuire alla sorella, cancellando di fatto la magistrata dalla storia ufficiale.
Dal suo cassetto più nascosto, Yung-Gi estrae un amuleto d’oro opaco inciso con il nome di Dae Won-Ha: ricordo della loro amicizia perduta, simbolo del suo ufficio, conservato per anni senza mai avere il coraggio di usarlo per fare ammenda.
Quando i personaggi tornano nelle strade della città, hanno con sé tre pegni del passato:
una lanterna, una tazza, un amuleto.
E soprattutto hanno un nome: Dae Won-Ha, la magistrata che Yeonido ha lasciato scivolare nell’oblio.
Le tracce conducono tutte al Parco dei Saggi, nel quartiere dei Germogli di tè. Qui sorge la statua della regina Yung-Soo, celebrata da iscrizioni che elencano mille successi… molti dei quali ricalcano in maniera sospetta le imprese di Dae Won-Ha.
È qui che, a mezzanotte, appare il gwishin.
Quando le campane segnano l’ora, la nebbia sale dal basamento del monumento, avvolge la statua e la trasforma in qualcosa di cupo, deformato dal rancore. Dalla foschia emergono gargoyle dal volto identico a quello di una donna di mezza età: sono frammenti del dolore di Won-Ha, scolpiti nella pietra e riportati in vita.
Lo scontro è duro ma controllato: i gargoyle vengono sconfitti, la nebbia freme, e il gwishin di Dae Won-Ha appare infine in forma di spirito, tra lamenti e accuse.
I personaggi, davanti a lei, mostrano le reliquie:
la lanterna del quartiere della Tigre, la tazza del negozio di tè, l’amuleto di Yung-Gi.
La nebbia arretra.
La voce di Won-Ha cambia: dal puro odio passa a un lamento di abbandono, di ingratitudine, di storia rubata. È disposta a parlare, a raccontare come è stata cancellata per proteggere l’onore della famiglia reale.
Anthea fa un passo avanti.
«Ti ricordano ancora» mormora. «Anche se ci è voluto troppo.»
Per un istante, sembra che la pace sia possibile.
Ed è proprio in quell’istante fragile che Krapfentz attacca.
Forse per paura, forse per orgoglio, forse per un impulso che non riesce a controllare, decide che uno spirito così pericoloso non può essere lasciato libero di agire. Il colpo squarcia la bruma.
Il gwishin urla, e la nebbia esplode.
Decine di ombre nebbiose si staccano dal corpo di Won-Ha, riempiendo il parco di sagome evanescenti che colpiscono come rasoi di gelo. La calma ottenuta con tanta fatica viene spazzata via in un istante.
Il combattimento che segue è breve e spietato.
I personaggi lottano, ma vengono sopraffatti.
Uno dopo l’altro cadono, travolti dal rancore condensato di una vita intera tradita.
Anthea è l’ultima a cadere, investita in pieno dalla corruzione del gwishin.
«Pensavo… che potessimo rimediare» sussurra, prima che la nebbia la inglobi.
Poi tutto diventa bianco.
Invece del nulla, c’è un sogno.
Non è un sogno privato: è lo stesso sogno per tutti.
I personaggi non sono se stessi. Sono predoni, assassini, banditi che assaltano un villaggio. Vedono le proprie mani — altre mani, di un’altra vita — incendiare case, uccidere innocenti, ridere di fronte al terrore.
La scena è confusa, frammentata, ma carica di una sensazione inconfondibile:
quel male, in qualche modo, li riguarda.
Non c’è spiegazione, non c’è voce narrante. Solo il sospetto che, prima di essere gli avventurieri che conoscono, siano stati altro. E che la Cittadella Radiosa non li stia usando come eroi… ma come anime in cerca di espiazione.
Il sogno si spezza all’improvviso.
Quando riaprono gli occhi, i personaggi si trovano immersi nella luce tenue della Casa della Convalescenza. I guaritori degli Araldi degli Antenati vegliano su di loro, mentre l’energia del Diamante Aurorale ricompone carne, ossa e spirito.
Sono vivi.
Tutti, tranne Anthea.
Sholeh è lì, in forma umana, con lo sguardo segnato dalla fatica.
«La Cittadella vi ha richiamati indietro» dice piano. «Il vostro cammino non è finito.»
Chiedono di Anthea.
La risposta è semplice. E terribile.
Durante lo scontro, la giovane elfa è stata trasformata dal potere del gwishin, contaminata dalla non-morte. La luce della Cittadella può richiamare indietro i mortali, ma non può strappare al vuoto ciò che è già stato piegato definitivamente oltre il confine.
Anthea non torna.
Sholeh tace a lungo, poi aggiunge soltanto:
«Le colpe non sono solo del passato. A volte, nascono dalle scelte di oggi.»
La luce del Diamante continua a brillare, ma stavolta sembra meno consolante.
Cultura e Società
Yeonido è una città rigidamente strutturata, dove la reputazione del clan è più importante della verità individuale. Parlare pubblicamente delle disgrazie o delle mancanze di qualcuno è considerato vergognoso; per questo, le famiglie preferiscono tacere, anche quando un parente si trasforma in un gwishin. La sofferenza viene nascosta, non risolta.
Economia
L’economia è prospera: cantieri in espansione nel quartiere della Tigre, antichi negozi nel quartiere della Fenice, artigianato raffinato, agricoltura e rotte commerciali che fanno di Yeonido un centro ricco e ordinato. Tutto è regolato da magistrature efficienti e protocolli formali.
Creature e Pericoli
La minaccia principale sono i gwishin, spiriti di defunti che hanno subito torti irrisolti in vita e non hanno mai ottenuto giustizia. Il loro potere cresce nel tempo: la nebbia che evocano può alterare la memoria e intrappolare un’intera città in un ciclo di sofferenza ovattata, come accade con il gwishin di Dae Won-Ha.
Feste e Tradizioni
Yeonido celebra il proprio passato con festival stagionali, rituali di buon auspicio per il raccolto e cerimonie legate al retaggio draconico della famiglia reale. Allo stesso tempo, le usanze impongono di mostrarsi sempre coraggiosi e composti, anche di fronte al dolore, incoraggiando la rimozione delle ferite profonde invece della loro elaborazione.
Identità
Yeonido vive sospesa tra memoria e silenzio.
Ogni torto non confessato rischia di trasformarsi in uno spirito vendicativo.
Ogni ingiustizia taciuta scava un vuoto nelle storie personali e collettive.
È una città splendida, disciplinata, efficiente.
Ed è proprio questa rigidità, questa paura della vergogna, a renderla vulnerabile ai suoi morti.