Dopo l’eco degli spiriti di San Citlán, il viaggio dei personaggi prosegue verso una terra completamente diversa: la vivace e festosa Zinda, città del fiore jeli e dei suoi colori abbaglianti. La carovana che li accompagna attraversa una foresta soffocante e piena di vita fino a quando, tra i rami, non compaiono i cancelli lucenti della città e il suo celebre Fiume d’Oro, una lunga strada di cocci gialli che brilla come luce liquida.
Zinda è in fermento: sta per iniziare la Marcia del Vizio, dieci giorni di celebrazioni, musica, danza e vino jeli. Gli abitanti sorridono, i mercanti cantano e ogni vicolo profuma di fiori. Ma la festa nasconde un’ombra.
Poco dopo il loro ingresso, i personaggi si imbattono in un uomo riverso a terra tra due vicoli: un nano elegante, vestito di seta, morto senza segni di violenza. Solo un odore acre, simile a bruciato, aleggia attorno al corpo. Il tempo di chinarsi su di lui e già tre guerrieri in armatura dorata sbucano dal viale, convinti che i personaggi siano responsabili dell’omicidio. Il fraintendimento si risolve solo con l’arrivo della loro comandante, Madame Samira Arah, una delle figure più influenti della città.
Una volta compreso che gli avventurieri non sono coinvolti, Samira chiede loro aiuto: «Qualcuno sta assassinando i figli dei Sovrani del conio. Zinda non può permettersi uno scandalo, ma non può nemmeno chiudere gli occhi.»
I personaggi accettano l’incarico e iniziano a seguire la scia di indizi.
Il mercato lungo il Fiume d’Oro è un’esplosione di odori, sapori e colori. Tra i banchi affollati, i personaggi notano una donna massiccia, vestita di giallo e verde, che si apre un varco a spintoni. Non sanno ancora chi sia, ma i suoi movimenti sono troppo decisi per essere quelli di una semplice passante.
Le indagini li conducono alla taverna Melaspina, dove gli avventurieri incontrano cittadini spaventati, giovani artisti e un paio di nobili inquieti. È qui che il caso prende una piega inaspettata:
mentre parlano con una donna che sostiene di aver riconosciuto la figura misteriosa della mattina, la porta si spalanca ed entrano le Dive dell’Elucidarium, celebri per i loro spettacoli teatrali e per i costumi appariscenti.
L’atmosfera si accende: risate, applausi, piume ovunque. Ma quando la diva principale, Luma, sparge una manciata di lustrini rosa sopra il pubblico, qualcosa va storto. I suoi occhi si velano, il sorriso si distorce e improvvisamente brandisce un tacco come fosse un coltello.
In pochi istanti, la taverna si trasforma in un campo di battaglia grottesco: le dive attaccano in preda a una furia improvvisa, i clienti fuggono rovesciando sedie e bottiglie, e i personaggi faticano a contenere la violenza senza ferire nessuno più del necessario.
Quando tutto torna alla calma, il mistero si infittisce. Le dive, basite da ciò che hanno fatto, raccontano che una donna con i colori della giungla — la stessa figura vista al mercato — ha regalato loro quella bustina di lustrini poco prima dell’esibizione.
Il nome della donna affiora per la prima volta: Kala Mabarin.
Seguendo le tracce e interrogando testimoni, i personaggi scoprono frammenti di una storia sepolta:
Kala è la figlia della strega Fiera Edun, un tempo alleata dei Sovrani del conio. Aprendo le porte al miracle del fiore jeli, Edun aveva promesso prosperità alla città, ma in cambio pretendeva gli apprendisti che le erano stati promessi.
Invece venne tradita e uccisa.
Da allora, Kala è cresciuta nella giungla, nutrendo vendetta e imparando a manipolare un veleno potentissimo capace di annebbiare la mente: il soffio di biza.
Ora è tornata, e sta colpendo uno alla volta gli eredi dei Sovrani.
Il festival raggiunge il suo apice.
Il Fiume d’Oro è talmente affollato che sembra vibrare sotto i passi della gente. Musica, cori, maschere scintillanti, danze e vino ovunque: un’atmosfera travolgente che avvolge la città come un sogno dorato.
Ma per i personaggi, la festa si trasforma presto in una corsa contro il tempo.
Il carro del Principe del Vizio, Azra Nir, avanza lentamente tra la folla, trainato da un bue maestoso e circondato da guardie in maschera. I personaggi capiscono che Kala colpirà di nuovo — forse proprio durante la parata.
E infatti, all’altezza del molo, la tragedia esplode.
Le pietre sotto i piedi si spezzano mentre radici e rampicanti emergono all’improvviso, bloccando il carro.
Una nube rosa invade l’aria: alcuni festaioli barcollano, altri urlano, le guardie impazziscono brandendo le armi senza controllo. Tra la confusione, Kala appare vestita dei colori della giungla, con lo sguardo duro e inesorabile.
Lo scontro è inevitabile.
Tra la folla in fuga, i canti distorti dalla paura e il ruggito del bue intrappolato, i personaggi devono affrontare Kala, proteggere Azra Nir e impedire che la Marcia del Vizio si trasformi in una tragedia irreversibile.
Kala combatte con la forza della natura e la determinazione di chi è convinto di fare giustizia,
ma alla fine gli avventurieri riescono a fermarla — con le armi o con le parole.
Quando tutto diventa di nuovo silenzio, i personaggi comprendono che la vicenda non è solo un assassinio, ma l’ultima eco di un torto mai riparato.
Samira Arah arriva sul luogo, circondata dal Versilenzio, e prende in custodia Kala oppure il suo corpo, a seconda di come si è concluso lo scontro.
Con tono grave e sincero, ringrazia i personaggi per aver impedito il massacro.
La Marcia del Vizio continua, ma con un sapore diverso.
Zinda sorride ancora, ma dietro quel sorriso ora si percepisce una consapevolezza nuova:
i segreti sepolti, prima o poi, tornano sempre alla luce.
E i personaggi lasciano la città sapendo di aver salvato una festa,
ma anche di aver smascherato un pezzo della sua anima.
Cultura e Società
Zinda è una città vivace e cosmopolita, famosa per la sua estetica scintillante, per le sue feste teatrali e per una società che ama apparire tanto quanto commerciare.
La popolazione è un mosaico di studiosi, mercanti, musicisti, artigiani e lavoratori dei giardini jeli.
La vita di Zinda ruota attorno ai colori, alla moda e alla presenza costante di spettacoli: cori, danze e performance spontanee sono parte del quotidiano.
La città è governata dai Sovrani del conio, sei famiglie nobili che gestiscono il commercio del jeli e le leggi locali. La loro influenza si estende ai distretti più ricchi, dove palazzi maestosi ospitano salotti culturali, archivi, conservatori e gallerie.
Accanto alla nobiltà convivono figure spirituali importanti: le dature, guide tra il mondo naturale e quello degli spiriti della giungla, rispettate per il loro legame con la magia e le erbe sacre.
Economia
Il cuore economico di Zinda è il fiore jeli, una pianta dai grandi petali lucenti, capace di produrre:
un pregiato vino nero
tinture rare
carta finissima
aromi e oli esportati in tutte le regioni vicine
I giardini jeli circondano la città come un anello sacro: migliaia di lavoratori raccolgono i fiori e li trasformano in prodotti di lusso.
Accanto al jeli prosperano anche:
il commercio navale
il turismo culturale
gli spettacoli pubblici misteriosi e coloratissimi legati ai festival
Zinda attrae continuamente viaggiatori e studiosi, diventando un crocevia di innovazione artistica e movimenti estetici.
Creature e Spirito del Luogo
La giungla che circonda Zinda pulsa di vita e ospita un ecosistema quasi magico:
felini maculati, insetti iridescenti, rettili intelligenti e spiriti del vento che si manifestano nei campi di jeli al tramonto.
Le dature custodiscono questo equilibrio, praticando rituali antichi per mantenere buone relazioni con le entità naturali.
Nelle notti più tranquille, si dice che i campi fioriti “cantino”, mentre la linfa del jeli brilla come stelle intrappolate nei petali.
Il rapporto con la natura è duplice:
ammirazione per la sua bellezza e timore per la sua imprevedibilità.
Feste e Tradizioni
Il calendario di Zinda è dominato da una sola celebrazione:
la Marcia del Vizio, dieci giorni di maschere, musica, banchetti e rappresentazioni teatrali.
È un festival rumoroso, autoironico, liberatorio, in cui cittadini e nobili competono per chi indossa il costume più esagerato o canta il coro più travolgente.
La festa simboleggia la prosperità portata dal jeli e la capacità della città di ridere di sé stessa.
Durante la Marcia, Zinda diventa un unico fiume di colori, un mare di profumi dolci e coriandoli che ricopre ogni strada.
Identità Locale
Zinda è una città orgogliosa, creativa e teatralmente esagerata.
Qui ogni giorno è una scena, ogni abitante un personaggio e ogni vicolo un palcoscenico.
L’apparenza è parte della cultura: vestiti elaborati, profumi intensi, decorazioni vistose.
Ma sotto la superficie brillante vive anche un forte senso di comunità:
i cittadini difendono con fierezza il jeli, la loro terra e le tradizioni che rendono Zinda unica tra tutte le civiltà collegate alla Cittadella Radiosa.